I belli non ce la fanno a vivere

Ha scritto Alessia Niccolucci, il

imagesI belli non ce la fanno a vivere, né a combattere contro un mondo peggiore di loro: belli fuori, belli dentro: è davvero troppo anche per loro.
Vivono in mezzo all’ostilità delle cose e del mondo tutto, della gente sorella che li osteggia poiché non li capisce, non li riconosce, o li sente come una fastidiosa miglioria della specie, una mutazione genetica infelice che ricorda loro ciò che dovrebbero, ciò che vorrebbero.
Talvolta poi, incontrano dei pii pastori che, per qualche ignota ragione, li amano generosamente, li proteggono e li aiutano: ma questa cosa è davvero rara, sebbene talvolta accada.
I belli si suicidano, in un modo o in un altro, poiché cedono alle pressioni del mondo, alle pressioni del non amore, alla volontà di chi li vorrebbe morti o mai nati, ostili ed involontari specchi del non essere come loro.
E si sentono angeli desolati, in esilio da un luogo che non c’è, almeno qui.
I belli le provano tutte: si fanno piccoli e idioti o brutti e crudeli o freddi e aggressivi, ma non funziona mai: perché tanto li vedono comunque che sono belli e loro non capiscono come gli altri ci riescano sempre.
Sì, perché i belli sono anche ingenui a modo loro, poiché ciò che hanno è stato dato loro gratis e perciò non sanno fingere di essere più di ciò che sono dato che hanno già ogni cosa: proprio non ci sono abituati. Mentre gli altri sì che lo sanno: i brutti devono da subito imparare a sembrare piuttosto che ad essere, poiché ciò che sono non piacerebbe molto e loro non avrebbero molto di cui gioire. I brutti, al contrario dei belli, sanno mentire, persino a se stessi.
Anche i brutti dentro e fuori, proprio come i belli, proprio come Abele e Caino, sono stati allevati e nutriti dal latte di una madre e continuano a cercarlo per tutta l’eternità, sebbene esso cambi forma e sapore, talvolta anche colore. Solo che la loro di balia forse era un po’ asciutta o poco generosa – credono – poiché altrimenti sarebbero stati belli come i belli, che invece avevano un latte d’angelo per loro, forse.
Sì perché gli uomini, quelli brutti, non vedono i belli come un dono, ma solo come un vasetto di marmellata da depredare e possibilmente, se proprio sei un re dei brutti, anche da imbruttire un po’, in modo da sentirsi più a posto con la loro coscienza anche loro, una volta tanto. Ma poi non ci riescono e allora si arrabbiano da morire ed imparano anche ad odiare e ne danno la colpa ai belli, che gli hanno insegnato, per consolarsi velocemente, l’invidia, la gelosia e tutti gli altri vizi, rimanendone però, miracolosamente immuni, poiché così come un brutto non sarà mai un bello, così un bello dentro e fuori non potrà mai diventare un brutto: è proprio un’altra specie.
Infatti, l’unico modo che ha un bello di smettere di essere bello è morire: e così, a volte lo uccidono.
Mentre loro vivono la loro brutta vita.
E i belli, che fanno? Stanno lì a farsi umiliare così da chi è tanto peggiore di loro?
E perché poi – mi chiedo – sono sempre così attratti dai brutti e non dai belli come loro?
Del resto anche i brutti sono attratti dai belli e non dai brutti come loro…poi come va a finire è tutta un’altra storia.
Forse – dicono i brutti – i belli non ci dovrebbero essere quaggiù con noi: ma che ci stanno a fare? La terra assomiglia più ai brutti dentro e fuori che non ai belli, per cui sono loro i “diversi”, gli estranei, gli ignoti, gli infiltrati.
Ma i belli ci sono comunque, è solo che sono di meno, poiché Abele purtroppo è morto prima di concepire ancora e l’esilio, per il momento, non accenna finire.
Come i belli, per fortuna, che dunque, sono gli immigrati del paradiso.

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Alessia Niccolucci Sono una scrittrice e un'insegnante
Scrivo romanzi, poesie, articoli da sempre e insegno a Roma. Ma considero la mia casa la Toscana da dove provengo. Vorrei dire di più ma è già tutto sul mio sito.
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