La vera scuola italiana

Ha scritto Alessia Niccolucci, il

scuola Le storie degli uomini sono varie e molteplici, ma solo alcune sono degne di essere raccontate, perché esempio del molto bene o del molto male. A specchiarsi nel peggio si appare sempre i più belli e così si evita di fare i conti con se stessi, i propri limiti, errori, fallimenti, bassezze. Scelgo il più bello, quello che io faticherei a fare e forse, cercherei di scansare, potendolo, poiché sudare non piace a molti.

“Grande, non è chi raggiunge mille traguardi. Ma chi, nel proseguire il cammino di vita, impara a superare gli ostacoli.”(M. Vescio) Lei è grande: non è l’unica ma lo è. Docente precaria e più che ultratrentenne, laureata alla Sapienza ( è bene dirlo poiché chi ha studiato – come diceva mia nonna – sa che il dove conta eccome se conta!) in Filosofia e abilitata con la famigerata SSIS, gola profonda di soldi che ha sputato solo precariato scolastico, ha deciso di fare il Concorso che promette la cancellazione delle infinite graduatorie che, per chi non è del settore preciso, sono una lunga coda di clientelismi, imbucati, favoritismi politici e talvolta, docenti preparati senza santi in Paradiso.

La nostra eroina è di quelle che non vanno sotto il ministero a litigare per passare avanti ma decide di fare il concorso, poichè il precedente (1999-2000) non l’ha superato ed ora ci riprova.
Stavolta è ancora più difficile, poiché per accedervi non basta più, come il precedente, il curriculum studi senza macchia, e sufficienti ore di praticantato (motivi che esclusero parecchi degli attuali precari) ma serve anche superare un test di logica a caselline che minaccia di essere un altro duro traguardo per molti.

Dovendosi abilitare per l’insegnamento al Liceo ( conviene ricordare che non tutte le classi di concorso sono uguali e richiedono lo stesso livello di preparazione e che la legge del passaggio di cattedre per anzianità, ha permesso a miriadi di maestre diplomate e insegnanti delle medie semi-laureate di accedere alle superiori per sola anzianità di servizio e non per titoli, con immaginabili risultati, compreso, non in ultimo, il precariato) dovrà studiare tutto il programma di Storia e Filosofia, dai primordi ad oggi e poi sostenere scritti e orali in merito.

Per capirci, nel 2000, essere interrogati in Storia significava sapere dall’Australopiteco a George Bush e mi risparmio le doverose battute in merito. Altrettanto dovrà la nostra eroina che nel frattempo, per lavorare, si è presa anche l’abilitazione per il Sostegno e lavora con i ragazzini disabili in sostegno, appunto, delle insegnanti assegnate alle classi delle superiori, passando di anno in anno da una scuola ad un’altra.Come una homeless, clochard dell’istruzione, se volete.

Merita qui, fare una digressione sulle incursioni dei Carabinieri ogni anno alle convocazioni del Provveditorato, quando cioè, le cattedre vacanti per un periodo non superiore ad un anno ( una malattia, una maternità di un docente) vengono assegnate in supplenza ai precari: almeno una volta ogni anno qualche telefonata arriva ai Carabinieri che devono correre e costringere le commissioni a rendere pubbliche tutte le scuole disponibili invece che, come accade sovente, attendere il ‘candidato X’ per assegnare allo stesso/a la scuola celata gelosamente sino a quel momento.
Una guerra tra poveri, spesso di spirito e di titoli ovviamente.

Ma torniamo alla nostra eroina, che durante un anno scolastico e con i ritmi di lavoro di un Liceo ( di chi è la leggenda che i docenti hanno le giornate libere vorrei saperlo e dargli i diritti d’autore almeno) deve riprendersi in mano tutta la Storia Antica poiché, insegnando al liceo solo Storia e Filosofia, si tende a tenersi aggiornati solamente da Carlo Magno al governo Monti (anche qui mi tratterrò, per favore, da parallelismi) mentre si dimentica un po’ chi fossero Pericle, i Gracchi e Ammon Ra, almeno nei particolari non vendibili a Hollywood.

Sì, perché conta segnalare ai portabandiera del sistema economico e politico moderno e ai loro officianti, che avere una scrivania, un ufficio e un pezzo di carta al muro non significa aver cultura e non aver cultura spesso significa non sapere dove si sta andando, chi ci sta guidando e perché.

Onoro la donna non più giovane e pronta senza troppe beghe a riparare agli errori per lavorare a servizio dello Stato e aggiungo  la riflessione di un quindicenne, che alla richiesta di individuare le differenze tra Don Rodrigo e l’Innominato ha risposto che il primo era ricco ma non contava nulla e per questo faceva il prepotente; l’altro invece, era importante e perciò sperava di non essere mai notato da nessuno.

E qui si disvelano un po’ i misteri della rabbia e protesta contro il Concorso uscente poiché, come s’intende, chi sinora non è entrato in ruolo, casomai lo volesse, deve passar per queste Forche Caudine o andare a casa. Per sempre.

Per sempre poiché il Concorso è atto a cancellare quelle interminabili graduatorie e quindi ad azzerare le supplenze annuali e mensili o diarie sinora pane di molti precari, imbucati e non.

La domanda che nasce spontanea è ‘Che fare?’ se un docente si rompe una gamba o deve operarsi o si sposa e si assenta per  un anno o una decina di giorni? Chi seguirà le sue classi ora?

La prima parte della risposta del Governo è portare le cattedre a 24 ore anziché le attuali 18: in soldoni significa che un insegnante ha ora un orario di lavoro di 18 ore settimanali di docenza in classe e se ne assume qualche altra (il massimo stabilito per legge è 24 appunto) viene retribuito per il numero di ore svolte; mentre la novità è che così,queste ‘24 ore per tutti’ saranno gratis, ossia verrà aumentato l’orario di servizio ma non lo stipendio. Interessante qui, segnalare che sinora, se in una scuola si apriva lo spazio di un 3, 4 , 5 o 6 ore vacanti su una o più classi era spesso giudicato quasi un atto di fascismo chiedere di coprirle aumentando così il proprio orario, poiché in tal modo,  si toglieva la possibilità a un precario di lavorare. E se ti venivano assegnate dal dirigente eri un privilegiato.

La seconda parte della risposta invece, è che non c’è una soluzione ‘nazionale’ ma la legge rimette ai singoli istituti di  organizzarsi: che significa poi, che i docenti presenti dovrebbero a turno offrire ore o gestire, come accade già ora in molte scuole, più classi in un’ora: la sua e quella o quelle del docente assente.

Riassumendo: col Concorso si assumono circa 12.000 docenti – tra materne e superiori – e si eliminano gli altri; i docenti in ruolo invece, dovranno lavorare ufficialmente 6 ore in più gratis e inoltre, gestire le assenze dei colleghi durante l’anno scolastico.

Ma (c’è sempre un ‘ma’) si apre ai privati finanziamenti: ossia, si consente alle scuole – o meglio, si consente ai privati – di finanziare la scuola pubblica, i differenti istituti e garantirle così la possibilità di pagare gli ‘straordinari’ diciamo, come i laboratori, le strutture e quant’altro. Il che, se fatto con cognizione di causa, non è un’idea sbagliata.

Le ragioni delle proteste sono ovviamente e maggiormente a carico di chi il lavoro lo perderà, perché precario che sinora ha lavorato senza abilitazione, perché precario che ha preso l’abilitazione in università di serie D (non dimentichiamo la piaga delle SSIS fatte in luoghi ove l’ammissione e la promozione era più ‘agibile’), perché precario alle superiori ma in ruolo alle materne (generando altro precariato) e perché giovane. O si supera il concorso o si va a casa.

E tutti ( non sono pochi) i docenti inabili ( ossia quei docenti che, da certificazioni mediche sono dichiarati inabili al lavoro ma che devono essere pagati ugualmente pur non lavorando), saranno spediti a lavorare come personale non docente.

Come al solito, a generare il problema non è il presente ma il passato: quando migliaia di gente venne imbucata a scuola come bacino elettorale, come sovvenzioni alle famiglie, come lavoro per  le mogli ‘di qualcuno’, tanto fino a scoppiare. La colpa non è della precaria di 56 anni che perderà il posto e non avrà mai una pensione perché sinora ha lavorato come insegnante senza averne i titoli, o di quello che ha insegnato su supplenze ‘ad interim’ ( ne esistono ebbene sì) senza averne i titoli perché ‘amico di qualcuno’ togliendo di fatto un posto a chi il ruolo lo aveva davvero e veniva trasferito di forza perché mandato ingiustamente in sovrannumero e di altri mille casi di precariato simili ma di quel sistema che li ha generati, con la connivenza di segreterie, presidi, dirigenze ministeriali e sindacati.

Ed oggi arriva il conto: il conto salato di vent’anni di mal politica.

Pagheranno i docenti? Pagheranno gli studenti? Le famiglie? La libertà? Il diritto allo studio? Certo è che avanti così, non si poteva andare. E questa è la verità, a merito delle migliaia di insegnati che per 1356 euro al mese di stipendio base ( hanno bloccato gli scatti di carriera sino a data da destinarsi ) lavorano come formatori di coscienze e di cultura e lo fanno per passione. Il resto invece, è mancia.

(L’articolo è pubblicato anche sul magazine Caffè News)

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Alessia Niccolucci Sono una scrittrice e un'insegnante
Scrivo romanzi, poesie, articoli da sempre e insegno a Roma. Ma considero la mia casa la Toscana da dove provengo. Vorrei dire di più ma è già tutto sul mio sito.
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