Il cammino della Speranza

Ha scritto Alessia Niccolucci, il

ComelacquapergliElefanti0001“L’addestratore di elefanti deve avere cinque virtù, Dil Bahadur: buona salute, fiducia, pazienza, sincerità e saggezza”.
“Mi sono dimenticato delle cinque virtù. In questo momento è venuta meno la salute perché camminando ho perso la fiducia. E l’ho persa perché andavo di fretta, senza avere pazienza. Negandovi che zoppicavo, sono in difetto in quanto a sincerità. In sostanza, sono lontano dalla saggezza, maestro”.∗
E tutto ciò che vi rimane ora, è la paura, che genera il silenzio, che conduce alla solitudine e sfibrandovi, alla disperazione.
E il risultato è che siete bloccati, resi insicuri dell’agire e dell’incedere, del procedere dunque, laddove dovevate andare quando siete partititi. E nulla è più.
E a vincere – sembra – sia chi con l’illusione della vaghezza e l’incubo dell’ignoto, trasforma il pensiero e l’azione in baluginante tremore di vita e di emozioni: nell’incertezza di ogni certezza di ciò che siete. E così, vi ha disarmati di ogni talento e di tutte le forti ragioni che sinora vi spingevano avanti, nel vostro percorso di vita.
Come dannati, girate alla cieca, brancolate nei bui più mondani, seguendo timidi, le chimere che vi passano innanzi, in veste di mode o persone o modelli, sciocchi e di sciatto spessore.
E aumenta il timore; e qualcuno, sfibrato, si ferma alla prima stazione; qualcuno procede distratto e poi cade. Un altro imbocca sentieri ciechi che lo portano via da sé e si perde per sempre.
Un altro si accuccia spaurito in grotte ed anfratti scomodi e sterili, che sembrano amore, ma amore non sono: solo umidi anfratti.
E altri prosegue, da solo, con voci alle spalle ed ai fianchi che gli urlano:”Fermati sciocco: che fai? Dove vai da solo nel buio? Non vedi che vai verso il niente?”
Eppure procede lo sciocco, procede da solo, pensando che se deve morire lo farà camminando; pensando che se viene la morte, essa non sarà peggio del buio, ma solo riposo.
Eppure non cede: l’orgoglio lo muove, che deve riuscire.
E lo nutrono i sogni, d’infanzia. Lo nutrono voci e ricordi di prima di adesso: non può abbandonare, non può farla franca quel male.
E intanto, impara ad amare; impara il senso del suono e l’odore del silenzio. Impara a domandare e ad offrire: impara a soffrire, eppure non molla; non può farla franca quel male.
Procede sfiancato di sé, del sonno e delle stridule urla del vento e sente che se deve morire, saranno i suoi piedi a condurlo e non una tomba scavata anzitempo dal senso del male.
Non deve mollare, ma andare ed andare. E impara la fede, nel cielo e nel mondo, negli occhi fugaci dell’altro che sfiora passando e trova sostegno nel cuore e sente che deve marciare, poiché non può farla franca quel male.
E lungo il cammino, si ferma a prestare soccorso ai passanti, agli occhi imploranti di chi ha perso la fede o non l’ha ancora trovata: non la troverà o sì nei suoi occhi, ma questo lui ha: nient’altro che occhi e che cuore. Il resto l’ha perso di notte, in qualche cantuccio in cui riposava o mentre piangeva, gli è sceso dal viso e l’ha perso così.
E sente che deve guarire, poiché non può averla vinta quel male.
E impara ad avere fiducia nel tempo, ché in sé non l’ha più; perché deve avere pazienza, che tanto nessuno c’ha fretta nel buio e può confessarlo, prima a se stesso e poi all’universo, che sente paura e sente il bisogno d’aiuto dal mondo: poiché non c’è pianta o baccello che cresca da solo nel fango. Si deve fidare, più di te che di sé, poiché non può averla vinta quel male e cedere deve, buttandolo via, lo sterile orgoglio.
E infine capisce e si illumina il buio e tutto gli appare più chiaro: le urla, i fantasmi, gli anfratti e le vie più cieche, rifugio degli altri, le vede pietose e irrisorie e pensa che tutto sembrava più grande se intorno c’è il buio. Ma luce c’è ora, dovunque.
E a terra rivede le cose che aveva disperse in cantucci o dal viso e nulla era perso, ma solo nel buio.
Mantiene prudente il silenzio e cammina tranquillo, temendo un fallo o una storta che gli tolgano il senso dell’occhio. E più di ogni cosa conserva preziose, saggezza e sapienza di nuovo acquisite, più belle e più lustre di prima, poiché liberate dal buio.
Ancora gli duole un po’ il piede, ma sa che col tempo, anche lui guarirà: poiché è sconfitto e non l’ha fatta franca quel male.

E dunque, di un cammino questa è la storia: di uno o di tutti, ma questo non conta, poiché lo si sa, che solo dal buio può uscire la luce.
Tu non ti fermare.

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Alessia Niccolucci Sono una scrittrice e un'insegnante
Scrivo romanzi, poesie, articoli da sempre e insegno a Roma. Ma considero la mia casa la Toscana da dove provengo. Vorrei dire di più ma è già tutto sul mio sito.
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