Utero in affetto

Ha scritto Alessia Niccolucci, il

L’ultimo baluardo contro la necessità del mercato di renderci “cose” cosizzando tutti i lati dell’essere umano è la Famiglia.
E’ perciò opportuno, dissolverla.

“Art. 3, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce «il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro».”
E pertanto risulta incomprensibile come in Europa sia giustamente proibita la compravendita di un rene o di un bambino ma sia concessa in più di un paese la pratica dell’utero in affitto.
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Se da un punto di vista prettamente medico o scientifico o semplicemente laico un ovulo e uno spermatozoo come un embrione sono materiale genetico e quindi privi di umanità, nemmeno uno scienziato strabico potrà negare che un bambino nato e venduto, che un utero usato per contratto siano esseri umani a tutti gli effetti.

Ma c’è di più. La donna che presta per denaro il proprio utero o vende il proprio materiale genetico di fatto fa quel che farebbe chi si venda un rene o un occhio: né più né meno.
E un bambino che viene acquistato con regolare contratto – ivi inclusa la clausola per la quale la madre biologica o/e quella surrogata rinunciono ad ogni diritto affettivo su quel figlio – è un essere umano acquistato dopo essere stato ordinato da un catalogo.
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La faccenda, già di per sé sufficientemente in contrasto con le moderne Costituzioni di tutti i paesi europei e con l’articolo su citato, diviene enorme se quel bambino sarà inoltre, privato di due diritti umani sacrosanti: avere una madre e conoscere chi siano e da dove provengano metà dei suoi geni. E questo per rimanere su territori squisitamente medici e legali.

E poi c’è la questione della donna: quella donna che vende una parte di sé, o la affitti, e che venda suo figlio. Chi lo farebbe? Chi lo farebbe se non chi abbia bisogno di farlo? Se non chi non possa impedire che accada? Quale donna libera e economicamente autosufficiente accetterebbe di farlo?

Chi sia stato madre o padre sa, anche se non è un pediatra o uno psicologo, quanto sia essenziale per un neonato e per un bambino il contatto con il corpo di una madre, al punto che se manchi potrebbe pregiudicare certe abilità percettive alimentando disturbi come la dislessia. Chi sia stato madre o padre sa bene quanto per un bambino sia essenziale la presenza dei genitori, quanto la sua immaturità, la sua fragilità siano totalmente in mano loro al punto da devastarlo se non trattate con attenzione. Chi sia stato madre o padre sa, anche se non è uno psicologo o un pediatra, che è il rapporto con la madre in infanzia che ti insegna come entrare in contatto con l’altro poiché è lei il primo altro, al punto che se non sia stata attenta questo pregiudicherà per sempre il tuo modo di avvicinarti agli altri, di amare, di creare relazioni: e questo lo sanno bene i gay.

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Chi sia stato bambino e poi adolescente sa, d’altro canto, quante domande ci si pone quando si comincia ad esplorare se stessi: quanto non piaccia assomigliare o al contrario, quanto ci piaccia essere simile in qualcosa ai propri genitori, quanto sia buffo scoprirci identici a quella foto dei nonni da giovani o capire che quella passione per la musica o al contrario, quell’ allergia allo studio o alle regole è identica a quella di nostro fratello o alla sorella di papà. Che se cediamo alla gola potremmo diventare rotondetti come mamma o ammalarci di quella stessa malattia del nonno se non controlliamo il cuore fin da giovani. E’ la famiglia: sembra scontato, vero? E se invece avessimo scoperto che si sono disfatti di noi? Che nostro padre ci ha portati via alla nostra mamma impedendoci di vederla per sempre? O al nostro papà? Come avremmo reagito noi?

Strappare alla donna incapace di proteggersi il suo potere più sacro, a un bambino la madre e il diritto di sapere chi sia davvero mi ricorda certe tragedie classiche, Edipo che sposa per errore la propria madre, Medea che uccide per gelosia i propri figli, Atreo che per inganno mangia la propria prole, Oreste che uccide sua madre per vendicare la morte del padre, proprio come Amleto, ma con meno dubbi;  e così mi sovviene una nota meditazione di Mattia Pascal quando diceva che questo non è più il tempo di Oreste ma è il tempo di Amleto.

Io aggiungerei che oggi è il tempo di entrambi.

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Alessia Niccolucci Sono una scrittrice e un'insegnante
Scrivo romanzi, poesie, articoli da sempre e insegno a Roma. Ma considero la mia casa la Toscana da dove provengo. Vorrei dire di più ma è già tutto sul mio sito.
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