Rivalità

Ha scritto Alessia Niccolucci, il

483740_163319313823912_1762056425_nUn antico detto masai recita: ” Una zebra fa in modo di non disprezzare le sue stesse strisce” ossia a dire, che ognuno di noi dovrebbe evitare di sdegnare i tratti della propria natura. I Masai, per chi nn lo sa, oltre che ad essere bellissimi, sono un popolo di pastori nomadi fortemente legati alle tradizioni tribali e in grande opposizione col regime kenyota che sta facendo di tutto – compreso rendere loro difficilissimo continuare a vivere secondo le loro stesse strisce – per renderli civili proprio come noi. All’interno dei loro villaggi di legno e fango le cui capanne sono costruite dalle donne, vivono in monogamia o poligamia, lontani e reticenti ai missionari americani e ai predicatori mussulmani. I giovani celibi sono coloratissimi e ornati di collane di perle e argento che depongono quando prendono moglie. Le donne, coloratissime anch’esse, continuano anche da anziane ad abbigliarsi coi monili tradizionali e collaborano tutte insieme alla crescita e allevamento dei figli, del bestiame, del villaggio. Il capo è eletto senza campagna elettorale da tutta la tribù al completo, uomini e donne, e il prescelto- spesso reticente all’incarico- non può rifiutarsi: egli dovrà dirimere i litigi, risolvere i problemi e farsi carico-qui sta l’inghippo- coi propri beni, dei più poveri fra il popolo. Insomma, dei selvaggi con le perline al collo.

Ma tornando al detto della zebra ribadisco che uno degli elementi fondanti della logica al femminile è la creazione della vita e la sua tutela e che solo una società basata sulla ragione invece che sullo spirito o persino, sull’istinto, può creare le perversioni di cui siamo protagonisti e testimoni attivi e passivi. Non ho mai trovato, ad esempio, nella vita come nel lavoro, rivali più accanite e cattive delle mie stesse compagne di viaggio, depravate dall’ansia di successo in tutti i campi, da quello sessuale a quello professionale: la famosa invidia buona ossia quella che ti fa ammirare ed emulare chi eccelle in qualche campo rispetto a te, è stata completamente annientata dal diritto di vincere o semplicemente di avere quello che si desidera, costi quel che costi. Non importa chi lo meriti, cosa sappiamo realmente fare o cosa sappiamo e basta: io importo e basta e non intendo naturalmente, parlare di dogane o di libertà del mercato! Desiderare è uguale ad avere diritto. La legge della jungla, alla faccia dei Masai, che lì in parte, ancora ci vivono, distinguendosi però, dalle bestie selvagge con cui coabitano quotidianamente.

Essere madre, ad esempio, non è un diritto: mentre lo è non essere violentata se si campeggia alla periferia di una città italiana. Divertirsi non è un diritto: mentre lo è avere dei capi onesti e capaci, o al limite, solo capaci. L’istruzione è un diritto: non lo è istruire se non si sa come e cosa e quanto. Lavorare è un diritto: ma è anche un dovere sennò decade il diritto che passa automaticamente a chi ne ha voglia. Calunniare è sbagliato, anche se lo si fa perchè si ha diritto di cercare di nuocere a una rivale. Difendere sempre il più debole non sempre significa difendere chi ne ha diritto. Piccolo, povero, giovane, debole, madre, anziano possono anche non essere sinonimo di buono.
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L’errore è nella preversione della ragione, strumento precipuamente maschile, piuttosto che non nella logica dell’istinto o dello spirito che si ritrovano nei saggi, nei bambini e nelle donne. Almeno in quelle di una volta, o tantissime volte fa, quando si era grado di competere con le proprie virtù o si accettava di imparare senza voler vincere ad ogni costo.

“Se non si sa dove si sta andando si guardi allora da dove si viene” anche questo è un detto africano: vogliamo provarci?

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Alessia Niccolucci Sono una scrittrice e un'insegnante
Scrivo romanzi, poesie, articoli da sempre e insegno a Roma. Ma considero la mia casa la Toscana da dove provengo. Vorrei dire di più ma è già tutto sul mio sito.
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